Devo premettere che, quando arrivava a trovarci, la zia Ida aveva carta bianca dalla mamma per mettere ordine nei nostri cassetti e armadi. E con decisione, ma senza farsi odiare da noi bambine, chiedeva la nostra collaborazione. In una di queste ispezioni, quella all’inizio dell’inverno gelido del ’43, si accorse di come noi fossimo a corto di abiti invernali. Non poteva permettersi di comprarci nulla, e poi noi grandicelle eravamo ben tre, ma ebbe un’idea geniale.
Tornata a casa a Reggio Emilia, fece tra amiche e conoscenti di Parma e Reggio una colletta dei gomitoli di lana inutilizzati, quelli che erano loro avanzati una volta finito il capo d’abbigliamento a cui la lana era destinata, maglia, golf o calze che fossero. Va detto che gli indumenti di lana che allora si indossavano erano fatti in gran parte a maglia e in casa, e ne erano autrici le donne e le ragazze che mettevano così a frutto i tempi morti o quelli di riposo tra una incombenza casalinga e l’altra.
Le donne erano educate a non stare con le mani in mano e la lettura non era per loro: l’analfabetismo tra le donne era endemico e molto superiore a quello degli uomini fino a 3-4 generazioni fa.
Le occupazioni manuali tipiche dei tempi morti erano il rammendo, il ricamo e il lavoro a maglia. La tessitura, altra attività prettamente femminile, non era certo attività da tempi morti. Ritorniamo alla zia Ida e alla sua colletta che aveva fruttato un bel numero di piccoli gomitoli dai colori più disparati.
Con quelli fece, o forse fece fare (non l’ho mai vista con in mano l’ago o i ferri da calza; si era liberata dalle corvée femminili imposte in famiglia), un buon numero di braghette da indossare sotto la gonna, di taglia decrescente come la nostra età. Tenevano pancia e schiena ben calde e coprivano anche una parte della coscia; ora le chiameremmo boxer, noi le chiamavamo mutande. Erano a righe colorate tutte diverse, allegre e molto originali, ma solo noi sapevamo che c’erano perché erano coperte dal vestito.
Non sono a conoscenza di altre bambine con un indumento simile nella loro storia famigliare.
W la zia Ida!
Penso che sia dovuta alle confortevoli braghette della zia Ida, indossate in quell’ inverno e negli inverni successivi fino alla loro consunzione, che amo irrazionalmente i golf a righe smaglianti, talvolta contro il più elementare senso estetico.
Per venire a tempi più recenti e per dire come ci sia voluto tempo per arrivare agli usi
attuali, io ho osato mettere i pantaloni da città – quelli da sci non contano solo dagli anni ’70 in poi.