I MIEI RICORDI DELLA ZIA IDA – Di SIMA TERZI – Seconda Parte

Nella seconda visita, durante le vacanze di Natale, la zia Ida mi ha ancora ospitato a Parma, e di quelle settimane passate da lei ho proprio un bel ricordo. Mi sentivo coccolata: per farmi ristabilire preparava buoni pranzetti e allestiva giochi simpatici con le molte sorelle minori di un’altra zia, la dolce e affettuosa zia Lina, che proprio alla fine di dicembre 1943 avrebbe partorito il cuginetto Alessio (e lo avrei visto nel lettone accanto a lei, piccolissimo e rosso). Le sue sorelline erano ragazzine di poco più grandi di me, abitanti al piano di sotto del bel palazzo di Parma, e in loro compagnia mi divertivo un sacco, perché mi sembravano allegre e spiritose. 

Ricordo anche le capacità tecnico-alimentari della zia Ida, in quel ’43 di guerra: metteva a riposare, su un alto ripostiglio, delle piccole forme di formaggio, pure buono, fatto da lei! E si faceva aiutare a fare il burro, sbattendo a lungo il latte intero fresco dentro un bottiglione di vetro. 

Talvolta dalla zia veniva a trovarmi un cugino che ammiravo e amavo molto, Lodovico, e ricordo certi suoi trucchi, insieme alla zia Ida, con giochi a carte. 

In quel periodo una volta mi portò a fare un’esperienza straordinaria e indimenticabile nel suo luogo di lavoro, l’Istituto dei Ciechi di Reggio Emilia. Insegnava in una classe quarta o quinta elementare. La zia Ida era entrata nell’aula un’ora prima di me e nel frattempo, in una saletta laterale, io l’aspettavo, ascoltando un giovane cieco che suonava bene il pianoforte. A un certo punto lei mi venne a prendere e mi disse di entrare in classe zitta zitta -lasciava la porta aperta – e di mettermi vicino alla finestra; tanto ben presto i suoi scolari avrebbero capito che tra loro c’era una persona nuova. E avvenne proprio così. Era una classe mista, di bambini e bambine di nove o dieci anni che interloquivano in tono vivace e allegro con lei : avevano davanti, sul banco, delle carte geografiche colorate, a rilievo, e sembravano molto interessati a capire le particolarità delle cartine che toccavano.

Bellissimo il rapporto che ho subito notato, di tutti quanti con la zia Ida, una loro cara, cordiale alleata, non solo maestra! Allora certo non immaginavo che vent’anni dopo sarei stata anch’io insegnante e che non avrei mai dimenticato il caldo, educato rapporto docente- alunni che lei m’ha fatto vivere. A un certo punto una scolara (evidentemente parlavano di laghi o di bacini d’acqua) confermava ai compagni che lei aveva visto che, buttando un sasso nell’acqua, si formavano, intorno al punto di caduta dei cerchi che si allargavano, cerchi concentrici, come precisava la zia Ida. Poi, in privato, lei mi disse che quella bambina aveva perso la vista per un danno di guerra e che perciò aveva ricordi visivi precisi del passato. A un certo punto io, pur stando zitta accanto alla finestra, come mi era stato detto, mi accorsi che molti di loro giravano la testa nella mia direzione, e lei allora rivelò la mia presenza. In seguito mi spiegò che i ciechi hanno una sensibilità particolare, nella pelle del viso e specialmente degli orecchi che li aiuta a recepire la presenza altrui.

Mi raccontò anche che in un paese vicino aveva conosciuto un uomo cieco che se ne andava sicuro, in certe strade ben note di campagna, in bicicletta, grazie all’udito e alla particolare sensibilità della pelle degli orecchi, grazie alla quale sapeva anche bene percepire l’andamento atmosferico. 

Quella mattina mi aspettava un altro gran divertimento: alla fine della lezione, ho potuto vedere sbalordita come i maschi, scendendo le scale, volutamente cercassero di far inciampare le compagne, e ne ridessero tutti orgogliosi, e poi, raggiunto il cortile, riuscissero a calciare tra loro il pallone e a giocarci con naturalezza. 

Devo dire che quello che più mi sorprese in quella visita, fu constatare che un ambiente che credevo mi avrebbe ispirato tristezza, mi infuse invece un grande senso di serenità e di gioia. E oggi, dopo tanti anni miei di insegnamento, posso misurare con certezza l’alto livello, come docente, della zia Ida.