I MIEI RICORDI DELLA ZIA IDA – Di SIMA TERZI


Della zia Ida ho ricordi sempre lieti e positivi. Era animata da una forza interiore particolare.
Durante il penultimo anno di guerra, e cioè il 1943 quando avevo nove anni, sono andate ben due volte a stare da lei per 2-3 settimane. La zia Ida correva in soccorso della mamma quando era in crisi, e per la mamma quel 1943 è stato molto difficile. Prima, alla fine di maggio, aveva messo al mondo il nostro fratellino minore Luca (era il quinto dopo quattro femmine) all’ospedale di Brescia, parto seguito a breve da una malattia sua e di Luca. Poi, in ottobre, io ho preso il tifo e dovevo fare la convalescenza con parecchie attenzioni, proprio quando la mamma aveva da curare il neonato
Luca e se stessa in salute precaria e nel contempo doveva star dietro a noi quattro bambine piccole.
Così che a luglio e dicembre del ’43 la zia Ida è venuta ben due volte a prelevarmi a Sale Marasino, sul lago d’Iseo dove eravamo sfollati, e a portarmi con sé a Parma.
In ambedue i casi era epoca di vacanze scolastiche, che con la zia Ida ho passato a Parma nella grande casa dei suoi genitori, invece che a Reggio dove la zia Ida risiedeva e dove insegnava all’Istituto dei ciechi. Del primo soggiorno conservo una lettera che io ho inviato alla mamma. In essa tratteggio, senza volerlo (come potevo? avevo solo nove anni!), un lato tipico del carattere della zia Ida: il suo voler vivere in un ambiente ordinato. Si sentiva a suo agio solo quando ogni oggetto era al suo posto e lei sapeva quale era la sua funzione e dove prenderlo. Inoltre eliminava le cose inutili. Ricordo, per esempio, che quando veniva da noi, la nostra mamma la incitava a mettere ordine nei cassetti e in una grande cassapanca, dove conservava i nostri indumenti che non servivano più, e che la zia Ida prendeva volentieri per darli ad altri.

Quella dell’ordine, e della collocazione spaziale degli oggetti, era proprio una sua forma mentale, quella che l’ha portata a dare il giusto assetto alle tante cose nuove da interpretare, che avvenivano sotto il suo naso, quando insegnava ai bambini ciechi, e a cui lei dava la giusta attenzione.