La rubrica di Paola Terzi: fine settimana alternativi
La zia Ida non era come la gente di Nuvolento, dove suo fratello e mio padre faceva il medico condotto, e quindi a Nuvolento era diventata un personaggio.
Durante gli anni ’60 e i primi anni ’70 del secolo scorso veniva regolarmente a trascorrere il fine settimana nella nostra famiglia dove poteva contemporaneamente riposare, lavorare, sperimentare sui suoi nipoti e stare in compagnia. Talvolta la accompagnavo nelle sue passeggiate lungo il Rudone, verso Paitone, durante le quali, un po’ piegata in avanti e con le mani dietro la schiena, mi esponeva le sue teorie sui sensi.
Spesso arrivava accompagnata da personaggi esotici per noi ragazzini di paese. Tutti avevano un problema, a cui lei cercava una soluzione psicomotoria. Il più affascinante e bello per me era il signor Liberati che aveva la non-mano destra avvolta in un guanto nero. Per la zia questo signore era un caso interessantissimo perché da adulto era dovuto diventare mancino e quindi aveva sperimentato coscientemente e all’inverso tutti i problemi psicomotori che i bambini mancini in quegli anni dovevano ancora affrontare a scuola. Obiettivo della zia era liberare gli scolari mancini da quelle inutili oppressioni educative. Se ricordo bene il signor Liberati lavorava alla RAI, mio padre era medico e la zia non si poteva lasciar fuggire l’occasione di rendere note le sue intuizioni. L’emozione di vedere il nostro papà, con il camice bianco spiegare in televisione agli italiani il funzionamento della lateralizzazione e delle conseguenze del mancinismo contrastato è tuttora viva nella mia memoria.
L’andirivieni della zia in paese non passava inosservato anche perché nei suoi strani “giochi” a occhi bendati era riuscita a coinvolgere non solo noi nipoti, ma anche le amichette di mia sorella. La parrucchiera del viale che porta dalla fermata della corriera a casa nostra era particolarmente attenta ai suoi arrivi, alle sue partenze e ai suoi accompagnatori e quando andavo a tagliarmi i capelli mi riempiva di domande, alle quali dovevo stare attenta come rispondere, sapendo che sarebbero state tema di conversazione con le sue clienti. Non ricordo bene come le risposi quando mi disse: “Che bell’uomo questo fidanzato di tua zia!”